venerdì 17 agosto 2012

Le gioie del Fare



Ho scoperto, a dire il vero con ben poca fatica, che una delle cose più facili al mondo è procrastinare.
Quando c'è qualcosa da fare, che si tratti di un compito ingrato e complesso o di una banalità appena fuori dalla routine, compare, come per magia, un'ottima ragione per rinviarne la messa in pratica. 
Può essere un dubbio temporeggiatore "E se sbaglio? Forse dovrei prima documentarmi meglio." 
O una serie di impegni improrogabili "Lo farei volentieri, se solo avessi un secondo libero!" 
O il falso convincimento che quella cosa non è poi così importante o addirittura inutile "Vabbè, ma anche se provo a vendere il mio vecchio telefono su ebay chi vuoi che lo voglia? Sarebbe tempo perso." 
Trappole psicologiche, di cui siamo vittime giorno dopo giorno, a volte dettate da una forma di pigrizia, a volte da una subconscia paura del fallimento. 
Di recente mi sono resto conto, ancora una volta, che vi è un unico rimedio. 
Il fare. 
Prendere e iniziare a risolvere la prima cosa da fare, subito, non domani, nemmeno oggi pomeriggio. 
No, non c'è tempo per i dubbi, ci penseremo strada facendo. 
E alla fine ci si accorge che, tutto sommato, era più facile del previsto risolvere mille piccole problematiche, che magari ci portavamo avanti da mesi, come quell'interruttore della luce rotto. Bastava provare. 
Ed ecco che, al primo successo, arriva una scarica di ottimismo, che ci permette di continuare con la prossima mansione in programma e domandarci "ma perchè non l'ho fatto prima?". 
Il trucco è non fermarsi mai, approfittare di questa carica positiva per inanellare un successo dopo l'altro, che già partire con l'idea di poter compiere qualsiasi compito lo rende più semplice di almeno un 50%.
In fondo, è tutto così semplice una volta fatto. 

sabato 5 maggio 2012

Facebook: Perdita di tempo massima o utile strumento?


Ci penso spesso, guardando quello che è oggi e vedendoci invece, ben distinti, ciò che potrebbe essere e ciò per cui viene utilizzato.
Nessuno nega che l'invenzione, se così vogliamo chiamarla, del buon Zuckerberg sia stata geniale e magistralmente portata avanti a livello di marketing e di implementazioni, quello che, piuttosto, viene da domandarsi è se la gente stia facendo il corretto utilizzo di questo strumento.
Considerato l'enorme successo del social network su diverse fasce d'età, è facile pensare a come possa essere un ottimo mezzo di pubblicità, informazione ed aggregazione e spesso diventa un immancabile compagno nell'organizzazione di eventi o semplicemente per la condivisione di fotografie o altro con amici. Grazie alla sua diffusione svolge ancora ottimamente il ruolo per cui è stato in parte creato, ovvero il recupero di vecchie conoscenze, che con altri mezzi sarebbe impossibile riallacciare, anche se spesso una volta superata la curiosità iniziale finiscono nuovamente nel dimenticatoio.
Se facebook si limitasse a questo resterebbe, a mio avviso, uno strumento più utile che dannoso.
Trovo anche interessante la possibilità di condividere un pensiero con i miei "amici" (follower sarebbe un termine molto più appropriato, nella maggior parte dei casi) e di leggere quello che sentono di condividere loro.
Il problema, come spesso avviene, è l'abuso.
E allora ecco spuntare persone con migliaia (?) di "amici", che puntano ogni giorno ad aumentarne il numero, come se significasse davvero qualcosa.
Ecco spuntare utenti che sentono il bisogno di scrivere il buongiorno o la buonanotte su facebook ogni dannato giorno, perchè con le banalità si va sempre sul sicuro. 
Ecco che per qualche "mi piace" in più la gente continua a condividere le stesse battute fatte da qualcun altro al solo scopo di essere pubblicate su facebook. 
Ciascuno è libero di scriverci quello che vuole, ovviamente, il problema è che in questo caso la perdita di tempo necessaria per consultare facebook diventa sempre più grande, con il risultato che spesso il rapporto tra contributi intelligenti e spam diventa così ridotto che difficilmente giustifica quei minuti impiegati.
Ancora una volta assistiamo ad un potenziale così grande utilizzato così male.
E ancora una volta è un vero peccato.

martedì 14 febbraio 2012

... e tutti vissero felici e contenti

Qualcuno, di particolarmente cinico e disilluso, potrebbe dirvi che i sogni sono per quelli che dormono. Questo ipotetico qualcuno, potrebbe continuare dicendovi che le favole non esistono e sono solo sterili prodotti della fantasia, creati per fare addormentare i bambini. 
Io, però, ne conosco tante di favole.
Conosco quella della scrittrice che a 35 anni scrive un libro che le pare interessante, ma viene derisa da diversi agenti, salvo infine trovarne uno che accetta di proporlo a tre diverse case editrici, che lo bocciano senza appello. Ora quella ragazza è la donna più ricca della Gran Bretagna (sì, proprio di un paese in cui c'è una regina).
Ne conosco un'altra che parla di un'azienda finlandese, creata da tre ragazzi con la passione dei videogiochi, i cui primi 51 giochi sono stati fiaschi sempre più grossi e il cui cinquantaduesimo gioco parla di uccelli arrabbiati.
L'ultima che voglio citare parla di un ventitreenne nato a Taiwan con la passione per il basket, che è stato scartato per tutta la sua vita da ogni possibile spiraglio che tale disciplina avesse da offrire ed è arrivato a pagarsi l'università (Harvard, mica una qualsiasi), pur di continuare ad inseguire il suo sogno. E alla fine ci arriva al basket che conta, come terzo playmaker di New York, destinato a scaldare la panchina più che altro, ma capita che quando, quasi per casualità, arrivi il suo turno di entrare in campo nessuno abbia più il coraggio di richiamarlo fuori. 
E capita anche che contro i Lakers di un tale Kobe Bryant il ragazzo in questione ne faccia 38 di punti. 
Se vi dovesse capitare di incontrare il signore di cui sopra e vi dicesse davvero quelle cose, limitatevi a sorridere.